“La costruzione di muri e il ritorno dei migranti in luoghi non sicuri appaiono come l’unica soluzione di cui i governi siano capaci per gestire la mobilità umana”. Così papa Francesco ha stigmatizzato “nazionalismi e populismi si riaffacciano a diverse latitudini”. Anche in Europa. Dalla Bosnia, alla Serbia, alla Polonia, alla Bielorussia, passando per la Grecia, tutti siamo testimoni di una disumanità che stride con i valori su cui è fondata l’Unione Europea. Il dialogo fra stati membri è necessario, ma è altrettanto necessario ribadire che alcuni valori non sono negoziabili, a partire dall’accoglienza e dalla protezione di chi, per una ragione od un’altra, è costretto a lasciare la propria casa. La crisi dei migranti in questi giorni ha posto nuovamente l’attenzione sulla cosiddetta rotta balcanica, il percorso spesso utilizzato da chi, proveniente principalmente da Afghanistan, Pakistan e Siria, cerca di raggiungere l’Unione Europea alla ricerca di un futuro migliore. Una meta che diventa sempre più difficile e molti sono costretti a dormire all’aperto, in condizioni di estrema precarietà, fino a volte a morire di freddo. Non possiamo più assistere inermi alla violazione ripetuta dei diritti delle persone che premono ai nostri confini chiedendo protezione. È sorprendente – come ha sottolineato il Presidente Mattarella, “il divario tra i grandi principi proclamati dai padri fondatori dell’Ue e il non tenere conto della fame e del freddo a cui sono esposti esseri umani ai confini dell’Unione europea”. Neppure l’arida analisi dei numeri giustifica simili barriere e trattamenti: i richiedenti asilo sono solo lo 0,59% della popolazione dell’Unione che nel bilancio 2021-2027 ha previsto ben 6,24 miliardi di euro per il Fondo per la gestione delle frontiere esterne. Non si può più temporeggiare, bisogna che l’Unione europea e tutti gli stati coinvolti agiscano con decisione e rapidità per trovare soluzioni almeno temporanee e salvare vite umane. Nell’area vicino al confine con la Bielorussia è stato introdotto lo stato di emergenza. La Caritas – sottolinea Padre Andrey Aniskevich, Direttore di Caritas Bielorussia – cerca di dare sostegno ai migranti attraverso le parrocchie e una rete di volontari distribuendo aiuti umanitari: coperte termiche, acqua minerale, barrette energetiche e guanti. Anche Caritas Polonia sta fornendo vestiti caldi, prodotti per l’igiene, giocattoli per bambini, cibo a 16 centri di accoglienza. Nei prossimi giorni, nelle aree vicine al confine, verranno erette quattro delle cosiddette Tende della Speranza, a sostegno delle attività delle Caritas parrocchiali locali. Fungeranno da magazzini e luoghi di incontro dove verrà fornita tutta l’assistenza necessaria in questo momento di crisi. Questi aiuti includono la consegna e la distribuzione di vestiti invernali e la preparazione dei pasti. La Conferenza episcopale polacca, attraverso un appello del Presidente, l’arcivescovo Stanisław Gądecki ha invitato le parrocchie per il 21 novembre a organizzare momenti di preghiera e raccolte fondi, così come hanno fatto nei giorni scorsi i Vescovi della Bielorussia.
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